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Sms. Un mercato infinito

L’era del SMS non tramonta mai e continua a crescere il numero di Short message service che ogni giorno vengono scambiati . A metà del 2004, il volume di traffico annuo in tutto il mondo era di circa 500 miliardi di SMS; la crescita del fenomeno è impressionante se si pensa che nel 2000 i messaggi erano stati circa 17 miliardi.Nel 2008,

invece sono stati inviati la bellezza di 2,5 triliardi (ogni triliardo corrisponde a 1000 miliardi)di SMS. La maggior diffusione dell’uso del servizio si riscontra tra i giovani, in particolare nelle aree urbane. Gli SMS sono più popolari in Asia, Europa e Australia rispetto agli Stati Uniti. Ogni anno in Italia si inviano circa 60 miliardi di sms che portano nelle casse dei gestori telefonici circa 2 miliardi di Euro. Per tener testa alla messaggio mania ecco che tutti maggior gestori telefonici mettono in campo tariffe offerte per gli amanti della comunicazione via sms.

fonte: capitoloprimo.it

La truffa dell’advertising invisibile

Banner che valgono denari sonanti ma che non vengono mostrati all’utente. Il rimedio? Meno intermediari e un nuovo modello per la pubblicità online

Roma – Secondo quanto scoperto da Ben Edelman e poi riportato dal Wall Street Journal, una truffa dai contorni ancora non ben definiti sta abusando dei meccanismi di advertising sul web per far collezionare guadagni illeciti ai suoi fautori. I banner non vengono visualizzati nei browser, ma gli inserzionisti finiscono per pagarli comunque.

L’advertising online acquista sempre maggior importanza sul mercato complessivo, mentre contemporaneamente cresce l’abuso da parte dei cyber-criminali anche attraverso sistemi di truffa innovativi. Edelman sostiene che le pagine web coinvolte nell’operazione “banner invisibili” farebbero uso di codice utile a nascondere gli ads per gli utenti, ma mettendoli comunque nel conto da presentare a chi paga, con siti quali MyToursInfo.com e MyProfilePimp.com a fare da protagonisti nella truffa.

Truffa di cui, scrive il WSJ, non si conosce ancora l’estensione precisa né il danno effettivo provocato, e la cui crescita si spiega anche con il fatto che gli inserzionisti tendono spesso a calcolare il costo degli ads dal numero di volte in cui questi vengono mostrati piuttosto che dal numero di click effettivi da parte degli utenti.

Un altro fattore colpevole di aggravare l’abuso è la crescente dipendenza dei professionisti dell’advertising dai middle-man e dagli “ad network”, piattaforme su cui si acquistano spazi pubblicitari a prezzi contenuti spalmandoli su migliaia di siti che agli occhi degli inserzionisti rimangono anonimi. Non sempre, su questo genere di network, viene messo fuori dalla porta chi prova a fare il furbo come nel caso in oggetto.

Le misure utili a difendersi da questo genere di truffa prevedono infine da un lato il calcolo degli ads da corrispondere basandosi non solo sulle “impression” ma anche sui click effettivi, mentre dall’altro viene evocata la necessità di un rapporto più stretto tra chi i banner li fornisce e chi poi li pubblica sullo spazio web di sua proprietà.

fonte: punto-informatico.it

SMS: un oceano che sommerge gli Stati Uniti

Sono più cari del caviale Beluga, eppure vengono sempre più usati: anche negli Stati Uniti, dove sono stati “scoperti” solo di recente rispetto all’Europa e adesso sono arrivati a superare la soglia dei 4 miliardi di messaggi di testo “breve” al giorno.
Un vero e proprio oceano, che arriva e sommerge tutto, come neanche gli tsunami. Sono gli SMS, invenzione tutta europea (e completamente casuale) per scambiare brevi messaggi di testo fra telefoni. Sembrava un sistema “di servizio”, da usare solo per scopi tecnici o al limite per trasmettere messaggi di rilevanza globale da parte degli operatori e verso la generalità degli utenti, e adesso sono il motore di una economia nell’economia.

Con gli SMS si prospera, si vive bene, si guadagnano soldi, si fanno un sacco di cose. Si fanno, cioè, un sacco di soldi. Perché gli SMS sono pochi bit di informazione, trasmessi però in maniera “furba” (non come dati ma come modulazione attraverso la rete GSM) e vengono fatti pagare più del caviale Beluga, più della trasmissione di bit dal satellite Hubble in orbita attorno alla Terra, più dell’equivalente parte di una Ferrari.

Negli USA adesso hanno superato la velocità della luce. Nei primi sei mesi del 2009 sono stati spediti solo in quel paese ben 740 miliardi di SMS. Questo vuol dire che ogni giorno in media vengono eruttati e teletrasmessi circa 4,1 miliardi di SMS in tutto il continente nordamericano, Canada e Messico esclusi (che non sono poca cosa).

Secondo gli studi della CTIA, l’assemblea annuale del settore, negli USA ci sono in questo momento 246 milioni di apparecchi in grado di mandare SMS. Di questi, 40 milioni sono smartphone o PDA, e più di 10 milioni sono computer portatili con schede telefoniche (nelle varie tecnologie disponibili in quel paese) esterne o integrate.

Il fatturato complessivo del settore per quanto riguarda gli SMS è cresciuto nei primi sei mesi dell’anno del 31%, arrivando a toccare quota 19,4 miliardi di dollari. Sicuramente il fatturato non calerà nei prossimi mesi. Il consiglio che offre al settore il nuovo chairman della FCC, la commissione federale per le comunicazioni Julius Genachowski (era l’uomo delle strategie tecnologiche di Barack Obama durante la sua campagna elettorale) è semplice: che risparmino e investano in infrastruttura, perché la gente continua a usare gli apparecchi mobili sempre più presto quadruplicheranno gli utenti e gli abbonati, e il rischio è che manchi banda e che manchi spettro (che invece si libererà in quel paese grazie al digitale terrestre).

Il futuro della pubblicità/ La crisi dei quotidiani non deriva soltanto dal calo delle vendite, ma anche dalla distanza dell’advertising dal luogo delle notizie

Una riflessione su alcuni aspetti del futuro della pubblicità viene dal libro appena pubblicato di Bernard Poulet, “La fin des journaux et l’avenir de l’information” (le Débat- Gallimard, 2009). Un bel libro che tocca diversi argomenti di cui varrà la pena parlarne: Social network e condivisone; il drenaggio Usa della ricchezza Internet; L’ideologia di internet, post moderni e post umani; un mondo senza esperti, Google rende stupidi.

Iniziamo dalla pubblicità. La crisi dei quotidiani non deriva soltanto dal calo delle vendite, ma anche dalla scissione o distanza che prende la pubblicità dal luogo delle notizie. Un fenomeno avviato negli anni 2000 secondo Jean-Clément Texier banchiere d’affari già presidente del francese free press Metro. “I quotidiani nazionali non sono più di moda, non sono più un passaggio obbligato” per la pubblicità. La moltiplicazione dei nuovi supporti ha reso sempre più complessa la strategia degli inserzionisti tra i quali cresce il dubbio sull’efficacia dei mezzi stampa, per cui orientano i loro investimenti “fuori media”: nei punti vendita, in attività promozionali,  sponsorizzando grandi eventi, per questo leggere Pascal Joséphe, “La Société immédiate” (Calman-Lévy, 2008).

La concorrenza di internet: nel 1995, 23.500 siti, nel luglio 2007 la società inglese Netcraft ne ha censiti oltre 125 milioni. Nel 2008 irrompe sul mercato pubblicitario la telefonia mobile con 300-400 milioni di dollari nel 2007, ma potrebbe superare i 14 miliardi nel 2011 .
Basta che  Google, Yahoo!, YouTube ecc. distolgano il 10-15 per cento degli introiti pubblicitari alla stampa per farla precipitare; altre fette di pubblicità vanno sui  social netwoork e i videogiochi alcuni sono offerti on line a coloro che accettano di ricevere gli annunci pubblicitari, come i giochi di sport dove ci sono le pubblicità degli stadi e delle tv. Secondo uno studio del 2007 della Goldman Sachs considerato ottimistico, ci vorranno almeno cinque anni perché gli introiti “digitali” dei giornali riescano a compensare le perdite di pubblicità su carta. Ma questa può essere una buona notizia che quanto meno da una speranza alla riconversione se sarà intelligente.

La pubblicità on line, secondo i fondi di investimento americani Veronis Suhler Stevenson, direttore James Rutherfurd , dovrebbe crescere del 20 per cento fino al 2011, 62 miliardi di dollari contro 60 per i giornali e 86 per radio e tv.
Negli Usa l’audience  delle grandi reti tv è scesa del 2 per cento l’anno negli ultimi 10 anni mentre la popolazione aumentava di 30 milioni.  In Francia questo è accaduto per la prima volta nel 2006  e soprattutto  per il target 18-34 anni, il 71per cento di loro trascorre sempre meno tempo davanti alla tv.

“Assistiamo a un inevitabile e lento collasso di tutto il mercato dei mass media”, dice Joseph.D.Lasica presidente di Social Media Group. L’attuale modello pubblicitario si è rott- e questo è molto più pesante come giudizio- perché viene da  Jim Stengel responsabile marketing di Procter & Gamble che investe 5,5 miliardi di dollari di advertising. Mentre Dominique Delport amministratore delegato di Havas Média il grande gruppo pubblicitario francese di cui fa parte l’agenzia RSCG di Jacques Séguéla dice una cosa interessante dal punto di vista tecnico: “È solo questione di tempo prima che tutte le pubblicità diventino digitali, ciò consentirà di reagire molto rapidamente e di inserire spot su richiesta”, cioè comprare spazio tempo pubblicitario alla giornata secondo lo svolgersi degli eventi e la mobilità e mutabilità dei target.

fonte: affaritaliani.it

Proximity marketing e bluetooth advertising

Il Proximity Marketing, o marketing di prossimità, è un marketing circoscritto ad un luogo fisico. Ha un raggio d’azione limitato. Vengono coinvolti solo gli utenti presenti nell’area prossima al punto di diffusione della comunicazione. I messaggi vengono trasmessi con odori, suoni, immagini.

Facciamo un esempio: siamo in un centro commerciale. Per promuovere un deodorante, se ne diffonde il profumo in prossimità del punto vendita. Chi è interessato, entra. Gli altri, indisturbati, proseguono oltre. Questo è un marketing di prossimità dove il messaggio è veicolato attraverso l’odore e quindi diffuso solo negli spazi vicini alla profumeria.

Quali i vantaggi?

Primo: il messaggio non è invasivo, non disturba e non infastidisce. Secondo: l’utente che percepisce il messaggio, invece, vive un’esperienza reale che lo coinvolge da vicino. Riceve la stimolazione e nasce in lui un desiderio. Desiderio che può essere immediatamente soddisfatto: il cliente può entrare nel negozio, parlare con la commessa, vedere e toccare con mano il prodotto. Magari comprarlo.

Bluetooth Advertising o Digital Proximity Marketing

Il Digital Proximity Marketing è un marketing di prossimità che sfrutta la tecnologia Bluetooth e per questo è definito anche Bluetooth Advertising.
Il bluetooth usa onde radio per trasmettere file multimediali (testo, immagini, video, suoni). Per ricevere il file occorre essere nel raggio di un centinaio di metri (ma dipende dalla tecnologia) e disporre di un DPA, Personal Digital Assistant, come cellulari, computer, palmari, ecc… con tecnologia bluetooth.

Il Bluetooth Advertising può essere utilizzato nei centri commerciali, supermercati, aeroporti, fermate dell’autobus; durante manifestazioni pubbliche, eventi circoscritti ad un luogo ecc…
Facciamo un esempio: siamo in un aeroporto. Un dispositivo bluetooth invia messaggi di una agenzia viaggi che promuove soggiorni all’estero. Chi possiede un dispositivo con tecnologia bluetooth capta il messaggio.

Quali i vantaggi?

Non viola la privacy, l’utente è libero di leggerlo o meno.
Il contesto è favorevole alla ricezione del messaggio, trattandosi di un luogo ad hoc per il contenuto inviato. (Immaginiamo, per esempio, l’invio della promozione “detersivo x prendi 3 paghi 2″ nel reparto detersivi di un supermercato.)
Il messaggio è letto da un dispositivo che, come il cellulare, si porta sempre in borsa. E’ intimo e diretto.
L’invio dei messaggi con il bluetooth non ha costo.

Scegliere il luogo giusto e un messaggio appropriato dipende, poi, dalla creatività dell’agenzia che svolge il lavoro.

fonte: etraweb.it

Articoli: + qualità – promozione e pubblicità

Grazie agli articoli ci sono tre principali vantaggi: il branding, la creazione di nuovi contatti e la promozione in sè. Ma vi è un solo motivo per cui si scrive un articolo, cioè quello di informare il pubblico.

Se l’articolo non è concentrato su questo elemento primario ed importantissimo scopo, esso non riuscirà a raggiungere i tre vantaggi esposti, perché nessuno sarà interessato a leggerli.

È necessario prima capire come la gente legge ciò che è presente nel vostro articolo, per stimolare il clic del contatto. È possibile raggiungere questo obiettivo, producendo un buon contenuto.

Un buon contenuto sarà costituito da:

a. Pochi termini tecnici: la maggior parte degli internauti non è un “esperto” e spesso articoli tecnici sono illeggibili dai più. Noi dobbiamo arrivare alla “massa” e non ai “pochi”. Se alcuni termini specialistici sono necessari e un obbligo definirli nell’articolo stesso.

b. Lettura scorrevole e semplice: un articolo scorrevole, con la giusta punteggiatura e un lessico semplice, è letto fino in fondo. Noi vogliamo che i lettori leggano TUTTO ciò che scriviamo e non solo una parte dell’articolo. Non immagini quante volte un articolo viene letto a metà..E’ UN PECCATO, vuol dire che la nostra non è una buona comunicazione…

c. Pochi, o meglio nessun errore grammaticale: l’ottimale sarebbe non trovare nessun tipo di errore grammaticale in un articolo, si inizia con questo presupposto cercando di fare del nostro meglio. A dire la verità, non è molto semplice, bisogna essere dei perfezionisti, ma sarebbe l’ideale. NON E’ UN OMICIDIO qualche errore. Personalmente prima di pubblicare un articolo, lo inserisco in un editor di testo per il controllo ortografico, si può fare benissimo con WORD.

d. SEO Naturalezza: per chi si dedica a fare article marketing anche per benefici SEO, consiglio vivamente di non esagerare nell’ottimizzazione del testo, niente robotismi, niente duplicazioni strane e ripetizioni di parole. Lo scopo dell’articolo è creare un buon impatto, valorizzare il brand dell’azienda e della persona..

fonte: lorenzodesantis.net

I servizi in mobilità attirano sempre più italiani

Cresce il mercato dei contenuti digitali per i cellulari, cercando un dialogo più stretto con il mondo dei pc

La mobile Tv non decolla, segnali incoraggianti dal web Appassionati, saltuari, focalizzati e sperimentatori. Sono tredici milioni gli italiani che, nell’ultimo anno, hanno acquistato almeno un mobile content, dai giochi alle informazioni, dai video alla musica. È quanto emerge dall’Osservatorio mobile content & internet della School of Management del Politecnico milanese in collaborazione con l’Ict Institute, il Dipartimento Indaco dello stesso Politecnico e il Mef-Mobile entertainment forum.

Gli italiani conoscono e apprezzano
L’analisi ha evidenziato un elevato livello di conoscenza dei contenuti per i cellulari nella popolazione italiana: il 94% del campione considerato – composto di 3.200 individui – ha dichiarato di conoscere almeno un tipo di questi contenuti. Per alcuni di essi, quali suonerie, giochi, informazioni via Sms, televoto, sfondi, la quota è comunque superiore all’80 per cento. Poco più del 14% ha affermato di aver acquistato più di un tipo di contenuto, mentre il 6% ha riportato di aver comprato contenuti almeno una volta ogni mese.

«I veri appassionati – ha dichiarato Andrea Rangone, coordinatore degli Osservatori Ict & Management della School of Management del Politecnico di Milano – cioè coloro che comprano regolarmente diversi tipi di contenuti digitali con il telefonino, sono soprattutto uomini. D’altra parte, però, le donne sono maggiormente focalizzate su determinate categorie di contenuti, tipicamente quelli informativi e il televoto. In generale, siamo certi che il telefonino sarà sempre più apprezzato per la sua immediatezza, ubiquità e anche per la presenza naturale in questo canale di un semplice ed efficace sistema di pagamento come il conto telefonico».

I gruppi utilizzati sono stati organizzati secondo due variabili principali: da un lato, la frequenza di acquisto, cha va da una volta alla settimana a una l’anno, distinguendo tra acquirenti “heavy buyer” (almeno una volta al mese), “medium” (almeno due volte all’anno) e “light” (solo una o due volte all’anno). Dall’altro, la numerosità dei diversi tipi di mobile content acquistati, distinguendo tra chi acquista un solo tipo di contenuto e chi, invece, ne acquista due o più. Incrociando questi fattori è emerso che gli appassionati (coloro che hanno comprato diversi contenuti almeno una volta al mese nell’ultimo anno) pesano per il 17% della popolazione, circa 2,3 milioni. Si tratta soprattutto di giovani con meno di 35 anni, residenti nel Sud o nelle Isole e in centri con meno di 100mila abitanti.

I saltuari sono 3,5 milioni (il 25%) e hanno fatto fino a sei acquisti nel corso dell’anno; sono prevalentemente persone dai 18 ai 44 anni, residenti nel Centro e Nord Italia. I focalizzati sono il 21% (quasi tre milioni di utilizzatori), hanno compiuto diversi acquisti nel corso dell’anno, ma sempre dello stesso tipo. Come anticipato, in questo gruppo si trovano più che altro donne, l’età in generale è tra 25 e 44 anni, che acquistano servizi informativi via Sms o partecipano ai televoti legati a trasmissioni televisive. Gli sperimentatori (5 milioni, ossia un 37% del totale) hanno provato il mercato, più che altro per curiosità, acquistando d’impulso.

Cosa si compra
Lo scorso gennaio in Italia, su 47 milioni d’utenti di telefonia mobile, il 31% ha utilizzato servizi mobili: ha cioè svolto attività di navigazione, download di contenuti o uso di applicazioni. Si tratta di una penetrazione che si mantiene superiore alla media europea (che è pari al 28%), con una crescita di circa il 30% rispetto al primo mese dell’anno scorso. Più in particolare, a gennaio, ben il 43% degli utenti che avevano un cellulare acquistato negli ultimi sei mesi, ha consumato servizi di mobile media. Dal punto di vista socio demografico, questi utenti si rivelano più adulti rispetto alla media europea, tra i 37 e 38 anni. I principali consumi, escludendo e-mail e social networking, riguardano i motori di ricerca (43%), informazioni meteo (30%), notizie in generale (29%). Bene anche i contenuti e servizi a carattere più ludico come lo sport (24%) e l’entertainment (19%). Nelle prime posizioni si collocano anche le mappe (26%) e i contenuti e servizi a carattere tecnologico e finanziario.

Contenuti a pagamento e pubblicità
Per inquadrare al meglio il ruolo del canale mobile nell’offerta di contenuti e servizi digitali in Italia, l’analisi del Politecnico parte dallo studio dei servizi dati, relativi sia al mondo “cellulare centrico” sia a quello “pc centrico”. In generale, questi servizi possono essere raggruppati in quattro categorie: connettività, messaggistica Sms/Mms, pubblicità e contenuti a pagamento. Passando ai numeri, sempre in generale, si parla di ricavi riguardanti i servizi del mondo cellulare centrico pari a oltre 3,4 miliardi di euro, rispetto a un mercato dello stesso tipo ma pc centrico, di circa 6,2 miliardi. Analizzando questi numeri, si osserva che sul mobile i ricavi da connettività e messaggistica superano i 2,6 miliardi di euro, a fronte di ricavi pari a quasi 5,3 miliardi derivanti dalla connettività da pc (di cui oltre un miliardo riguardante il traffico dati su rete cellulare basato su chiavette Internet e connect card).

D’altra parte, il mercato dei contenuti a pagamento sul mobile è pari a 744 milioni di euro, mentre in ambiente pc centrico tale mercato vale molto meno, ossia circa 120 milioni. Infine, sul mobile i ricavi da pubblicità sono ancora molto contenuti (poco superiori ai 30 milioni di euro), essendo questo un mercato appena partito, mentre nel mondo pc centrico questi ricavi sfiorano gli 800 milioni di euro. A questo punto, focalizzando l’attenzione sui contenuti a pagamento e sulla pubblicità, emerge il ruolo assai differente che questi due mercati stanno giocando nel mondo pc centrico e in quello cellulare centrico: nel primo, la pubblicità pesa per l’87%, mentre nel secondo essa è ancora marginale, con un peso di poco superiore al 4 per cento.

Questi dati ci portano ad anticipare uno dei temi caldi che sta caratterizzando l’attuale dibattito sul futuro dei contenuti mobile e del mobile Internet: l’importanza, in questa fase, di sempre maggiore compenetrazione dei mondi cellulare centrico e pc centrico, di non perdere la capacità del canale mobile di generare importanti ricavi dalla vendita di contenuti e servizi “premium”. Basti pensare – segnalano dalla School of Management del Politecnico – che la vendita di contenuti su mobile vale quasi quanto l’intero mercato pubblicitario su Internet. E che i ricavi da connettività remunerano solo gli operatori di telefonia e non i player più all’origine della filiera.

fonte: ilsole24ore.com

Il futuro dell’advertising: il Proximity Marketing su mobile

Avete mai sentito parlare di Proximity Marketing?

Questa tecnica di mercato non è altro che la risposta che ci si attendeva dal mercato della comunicazione dovuta all’evoluzione dell’Advertising degli ultimi anni.

Ma cos’è esattamente?

Si tratta di una piccola centralina che rileva, in un raggio di azione che varia da 200 metri ad un kilometro, tutte le connessioni bluetooth aperte, le cataloga in una sua banca dati e, grazie ad un programma di precisione, allaccia tutti i dispositivi predisposti inoltrando un messaggio multimediale che il proprietario del cellulare può scaricare esaminando ciò che l’azienda produttrice desidera reclamizzare. Quasi sicuramente, i destinatari del messaggio non conoscevano quello specifico prodotto, quella determinata offerta, quel particolare servizio o quella data azienda. Ora al contrario, per mezzo di questa tecnologia evoluta di marketing e comunicazione, ogni persona ed ogni attività commerciale è nelle condizioni di potersi confrontare con i brand famosi, facendosi una pubblicità mirata, non sborsando soldi in comunicazione ed in produzione di dispositivi pubblicitari dall’utilità incerta.

Quali opportunità offre?

Consente l’invio automatico di messaggi multimediali a tutti coloro che transitano nelle vicinanze di un cartellone pubblicitario specifico, sbalordendo assolutamente l’incredulo passante che rivolgendo lo sguardo al manifesto vedrà consegnarsi un messaggio bluetooth real time.
Nelle stazioni, negli aeroporti o nei mezzi di trasporto in generale è utile in quanto è possibile trasmettere indicazioni turistiche direttamente sul cellulare dei passeggeri e dei turisti. Stessa cosa vale per i luoghi di ritrovo e divertimento come il cinema, le discoteche, le scuole o i teatri che possono usufruire del proximity marketing per fare conoscere l’organizzazione di eventi ed informazioni a tutti coloro che si trovano in quello specifico locale. La potenzialità di questa tecnologia è ancora più evidente all’interno dei grandi centri commerciali dove si riversano ogni giorno migliaia di persone.

Quali sono i vantaggi?

Consente di inviare in maniera gratuita i messaggi multimediali sfruttando la tecnologia bluetooth: investimento pubblicitario pari a zero, ma ritorno economico sull’investimento esponenziale, dato che questo tipo di messaggi viene scaricato solo da coloro che sono veramente attratti da quel tipo di argomento mostrato
per spedire il messaggio pubblicitario non è necessario conoscere alcun dato sensibile del passante, non si viola la normativa sulla privacy e sul trattamento dei dati personali. E, dato che per scaricare il messaggio pubblicitario il destinatario deve dare il suo assenso, non si viola neppure la privacy inerente alle comunicazioni commerciali indesiderate
tutti coloro che transiteranno nel raggio di azione del sistema saranno messi a conoscenza di un prodotto o di un’azienda con cui non sarebbero mai entrati in contatto.
Il proximity marketing sarà la tecnologia del futuro?

Da quanto detto si può ipotizzare che diventerà presto uno dei mezzi di comunicazione di massa più usati per entrare in contatto con i clienti.

fonte: blog.libero.it

Advertising, -5% nel secondo trimestre 2009

Anche l’advertising online paga dazio alla crisi economica. La caduta nell’ultimo trimestre è stata del 5% a livello globale e del 7% nei soli Stati Uniti. Si prevedono tempi difficili anche per il prossimo semestre, ma il danno sarà limitato

Il secondo trimestre del 2009 è stato l’ennesimo trimestre difficile dal punto di vista dell’advertising. La crisi economica globale ha costretto l’impresa ad abbassare i budget destinati alla promozione ed il tutto ha avuto pesanti ritorsioni su quello che è invece il mondo dell’editoria: radio, tv e giornali vivono grazie al flusso di danaro che i centri media portano a supporto dei contenuti, ma la caduta degli ultimi mesi sta creando un pesante terremoto destinato a sovvertire le gerarchie antecedenti. In questo contesto Internet vive una storia a sé, ma anche il Web sta ora iniziando a soffrire i riflussi della crisi nonostante una strenua resistenza che aveva finora salvaguardato il comparto da dati particolarmente negativi.

L’indagine IDC stima per il secondo trimestre del 2009 una caduta del 5% per l’advertising online rispetto al secondo trimestre del 2008, passando da 14.7 miliardi di dollari complessivi a 13.9 miliardi. Mentre l’oriente sembra reggere l’onda d’urto della crisi (con buoni risultati soprattutto in Giappone e nell’area del Pacifico), in occidente la caduta è più pesante e negli Stati Uniti gli investimenti sono scesi del 7% nel trimestre di riferimento passando da 6.6 miliardi di dollari a 6.2. Secondo IDC la rotta non verrà invertita presto: per il prossimo semestre ci si attendono ancora spinte al ribasso, ma le percentuali dovrebbero essere minori in attesa di tornare realmente a crescere entro la metà del 2010.

Google, in virtù del buon posizionamento del proprio gruppo rispetto alla concorrenza, chiude con perdite limitate (e piccoli passi avanti negli USA) nel contesto di un search advertising che si salva al cospetto di un display advertising che cade con ritmo a doppia cifra. Per il prossimo trimestre il trend globale dovrebbe confermarsi e pertanto, in virtù delle proiezioni di bilancio fornite dalle aziende del settore, ci si attende un nuovo ed ulteriore dato negativo condito di timido ottimismo per il futuro. Va ricordato come precedenti stime ZenithOptimedia indicavano una proiezione annuale per l’advertising online pari a -8.5%.

fonte: business.webnews.it

Pubblicità, lo spot ora ha due facce: web e televisione

Per la pubblicità, nel suo insieme, non è certo un momento di vacche grasse. Basta guardare gli ultimi dati resi noti da Nielsen Media Research, relativi al periodo gennaio-maggio 2009, per averne conferma: flessione del 16,5% rispetto al 2008 per un giro d’affari complessivo di poco meno di 3,8 miliardi di euro. Il conteggio comprende vecchi e nuovi media (Tv, carta stampata, radio, cinema, affissioni, Internet e pure Transit, la pubblicità su metropolitane, aeroporti, autobus e tram) e ribadisce una tendenza in atto già dal secondo semestre dell’anno scorso. Le aziende stanno spendendo meno in campagne pubblicitarie – il discorso vale anche per la maggior parte dei cosiddetti “big spender”, con in testa Wind, Unilever, Vodafone, Ferrero e Volkswagen – e il solo mezzo che dimostra di essere in attivo è il Web, che segna un incremento nei primi cinque mesi del 7,8%. Per Tv e stampa il bilancio è in profondo rosso: -14,8% di entrate per il piccolo schermo (il dato comprende sia i canali generalisti che quelli a pagamento) e -25,1% per quotidiani e periodici.

Il problema (per gli editori soprattutto) è stringente e torna più che mai d’attualità il tema del cambiamento del “media mix”, ossia della diversa distribuzione della spesa in pubblicità sui vari canali di comunicazione. Fra le domande che ricorrono da tempo fra gli operatori del settore ve sono almeno un paio che riguardano la decantata convergenza fra Tv e Internet: il Web sta assorbendo parte dei budget destinati agli spot televisivi o si aggiunge a questi come voce strategica della pianificazione pubblicitaria? È una vetrina che si presta a “replicare” gli spot trasmessi sul piccolo schermo o richiede il confezionamento di campagne mirate? Difficile dare risposte precise per un semplice motivo: l’advertising on line è ancora un mercato giovane, in fortissima evoluzione e in cerca di un suo spazio strutturato all’interno del sistema pubblicitario italiano, dove la Tv fa sempre la parte del leone anche in tempi di crisi (i grandi investitori destinano mediamente il 90% del loro budget a questo media) e dove le concessionarie di pubblicità hanno di fatto in mano il pallino delle operazioni nel gestire gli investimenti delle aziende.

Del rapporto fra Tv e Internet in chiave pubblicitaria se n’è parlato anche di recente alla tappa romana dello Iab Forum (a metà luglio) e in argomento si sono espressi, anche con vedute contrapposte, vari addetti ai lavori. Il Sole24ore.com ha raccolto tali testimonianze a cominciare da quella di Andrew Frank, Vice President Research’s Media Team della società di ricerca Gartner, secondo cui “il Web è ancora in silos del marketing mix strategico degli investitori ma presto contaminerà non solo il pc ma tutti i dispostivi digitali presenti in casa: la TV, il telefonino, la console di gioco. L’advertising digitale – ha detto ancora Frank – è una materia complessa e richiede un mix di tecnologia, creatività e capacità analitiche. Gli operatori del settore devono evolvere, le competenze devono essere organizzate, le dinamiche dell’utenza essere adeguatamente monitorate”.

Layla Pavone, presidente di Iab Italia, ha un’idea ben precisa del matrimonio fra Web e Tv a livello di spot: “per pensarli in modo integrato come canale di sbocco di una campagna pubblicitaria serve una strategia di comunicazione a monte, perché la relazione con gli utenti dei due media è diversa: lo spot televisivo è emozionale, è un elemento distintivo ed attrattivo, la Rete può proseguire l’azione sul consumatore in termini di awarness del marchio e non solo”. A detta di Giovanna Maggioni, Direttore Generale di Upa (Utenti Pubblicità Associati), “Internet sta entrando solo ora nel marketing mix strategico delle aziende. Alcune aziende di alcuni settori lo hanno già fatto, togliendolo dalla pianificazione sulla carta stampata. Chi invece investe generalmente sulla Tv ha destinato al Web una porzione limitata dei budget ma è anche vero che grandi spender tradizionali come le aziende dei beni di largo consumo stanno iniziando a testare il nuovo media. È sicuramente arrivato il momento di spiegare alle aziende il vero valore del mezzo, le sue potenzialità, le sue prerogative rispetto a quelle dei media tradizionali. Creando metriche e modelli ad hoc”.

Dal lato operatori, fa fede la riflessione di Carlo Poss, Presidente di Fcp-Assointernet (l’associazione che raggruppa le concessionarie e i gestori diretti di vendita di spazi pubblicitari): “Se la stragrande maggioranza delle aziende si dicono soddisfatte di quello che stanno facendo su Internet e una buona parte dicono di voler crescere gli investimenti pubblicitari in Rete la credibilità del mezzo si commenta da sé. Il Web è interattivo come nessun altro media: si può portare l’utente Internet dove si vuole attraverso tutti gli strumenti a disposizione e anche per questo la dimensione del Web advertising in Italia dovrebbe già essere tre volte tanto il suo valore”. Perché in Italia c’è ancora tutta questa reticenza verso il mezzo, perché le aziende della stessa categoria merceologica investono molto di più sul Web in altri Paesi? Secondo Poss “è un problema di sistema Paese” mentre per Paola Marazzini, Agency Head di Google Italia, “gli investitori sono lenti nel recepire le potenzialità del mezzo Internet perché ancora non hanno ancora la consapevolezza di quanto sia integrato il Web nelle logiche di comunicazione e marketing. C’è una fortissima relazione fra i due mondi, Web e Tv, ed è solo questione di fare proprio il concetto”. Ma quali sono le sinergie fra video advertising e Tv? “Gli utenti che fruiscono dei due media – completa così il concetto Magazzini – recepiscono il messaggio pubblicitario e il brand più in dettaglio e in modo più pervasivo, con una maggiore “intention to buy”: il Web sottintende un approccio “pull” del consumatore verso la campagna mentre la Tv fa leva sul modello “push” e fa da volano, da stimolatore, a quanto si può approfondire sul Web. Che i due media siano sinergici è indubbio”.

Un editore che sulla convergenza Web e Tv dichiara di scommettere e parecchio è Mediaset. Per Yves Confalonieri, Vice Presidente di Digitalia 08′, la concessionaria che vende gli spazi dei siti e dei canali del digitale terrestre della società di Cologno Monzese. “Sposare la Tv con il Web si può con un approccio video centrico: il meglio dei contenuti televisivi va in diretta sulla Rete. Siamo all’inizio e i numeri sono ancora piccoli ma dal lato utente ci sono le risposte al tentativo di offrire contenuti in modo convergente e dal lato pubblicitario lo sforzo è quello di proporre formati che vanno oltre il display advertising, dedicando spazi su misura agli sponsor. Diventa fondamentale far coincidere la pianificazione pubblicitaria fra Web e TV e in quest’ottica l’importanza di Internet va valutata anche sotto il profilo della sua indubbia capacità di fare brand awarness”. I presupposti per realizzare il matrimonio fra i due mezzi, sulla carta, non mancano ed è fuori dubbio che Internet sia il media più usato nel corso della giornata e quello con una reach più vicina a quella televisiva. Che siano due canali pubblicitari complementari, in attesa di essere del tutto convergenti, è altresì inopinabile: affermare che lo spot televisivo può traslocare con successo anche sul Web è invece forse prematuro. A meno che la tecnologia non ovvi ai limiti “imposti” da logiche commerciali spesso ancorate a vecchi modelli.

fonte: ilsole24ore.com