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Online Advertising: quanto è lunga la coda della click economy?

Riflessioni sul futuro del mercato della ricerca su Internet e l’evoluzione del rapporto tra motori di ricerca e online advertising. I motori (gratuiti) devono continuare ad essere capaci sia di massimizzare il valore degli investimenti degli advertisers nella pubblicità online, sia di continuare a soddisfare al meglio le esigenze di ricerca dei loro utenti.

Durante il recentissimo SMX West 2008 si è discusso di Economia del Search, ed alcuni economisti che sono intervenuti, di cui qualcuno interno a Google ed a Yahoo!, hanno parlato del futuro del mercato della ricerca su Internet, toccando tematiche relative all’evoluzione del rapporto esistente tra motori di ricerca ed online advertising, stante il fatto che tali motori (ricordo che sono gratuiti) devono continuare ad essere capaci sia di massimizzare il valore degli investimenti degli advertisers nella pubblicità online, sia di continuare a soddisfare al meglio, nel contempo, le esigenze di ricerca dei loro utenti.

Nel corso di uno specifico panel sull’argomento si è perciò discusso, naturalmente, di ricerca sponsorizzata e di Pay per Click (PPC), ed a tale proposito Hal Varian di Google ha parlato del modello economico proprio del programma AdWords, nonché delle long tail keywords.

Ed esattamente su AdWords, Google sta ora beta testando una nuova funzionalità denominata “Automatic Matching”, una funzionalità implementata tramite un algoritmo che ha la seguente funzione: fare in modo che ciascuna campagna pubblicitaria creata all’interno del programma diventi capace di utilizzare il maggior numero possibile di keywords pertinenti, delle keyword che, non solo su base storica, verranno “suggerite” alla campagna dall’algoritmo stesso in maniera automatica, così da andare ad incrementare potenzialmente il numero di clicks che quella campagna sarà in grado di generare; e ciò comporta ovviamente anche l’attingere automaticamente dal budget inutilizzato dalla campagna medesima.

Tramite “Automatic Matching” Google punta ovviamente a far leva sulle keywords di long tail, cercando di applicare al meglio il motto “The more keywords the better”, sebbene non sia ancora del tutto chiara la funzione catalizzatrice che questo nuovo meccanismo automatico potrà avere sugli effettivi clicks generati da ciascuna campagna pubblicitaria: va detto pure però che non sono mancate le critiche, anche aspre.

Ultimamente, inoltre, il modello Pay per Click sta suscitando diverse preoccupazioni tra gli advertisers, non essendo evidentemente più foriero di tantissime conversioni, e più di qualcuno sta cominciando a pensare che tale modello abbia già imboccato la strada dell’obsolescenza.

C’è stato pure il recente rilascio del report “Natural Born Clickers”, da parte Starcom, Tacoda e comScore, i cui dati hanno evidenziato che gli heavy clickers (i cliccatori “pesanti” cioè) rappresentano soltanto il 6% degli utenti Internet negli USA, e che il comportamento di questa esigua percentuale di ‘cliccatori’ provoca di fatto una distorsione dei risultati prodotti dalle metriche di misurazione del click-through, fatto che probabilmente ha sconcertato non poco gli esperti di web analytics.

Ancora, l’ultimo report annuale di Click Forensics ha rivelato la crescita costante delle frodi nei clicks, con i clicks fraudolenti che nel 2007 hanno registrato un incremento del 15% (+16,6% nel quarto trimestre), e dallo stesso rapporto risulta inoltre che addirittura 1/3 del totale dei clicks sulla pubblicità online potrebbe essere “fasullo”: l’India è il Paese da cui proviene la più alta percentuale di clicks fraudolenti, seguita dalla Germania e dalla Corea del Sud.

Scendendo invece “sul campo”, è proprio il modello pubblicitario basato sul Pay per Click quello che attualmente sembra funzionare meglio di altre forme di pubblicità online, forse anche perché relativamente economico, e per quanto concerne i motori di ricerca, più del 50% delle queries eseguite sugli stessi si ripete almeno una volta a settimana, il che dimostra ampiamente l’esistenza di una long tail del Search, quindi di una coda lunga per la quale la click economy sarebbe ben lungi dall’essere un’economia in fase di declino, visto che al suo interno esisterebbero ancora degli ampissimi spazi inesplorati di ottimizzazione e di rendita.

Da ultimo, infine, va però sottolineato che esiste anche una ricerca denominata “What are the most effective ways to advertise in the new medium?”, una ricerca condotta da Chan Yun Yoo (Assisant Professor alla University of Kentucky’s School of Journalism and Telecommunications) e pubblicata sul Journalism and Mass Communication Quarterly, e che aveva lo scopo di valutare gli effetti che la pubblicità online esercita sulla memoria umana esplicita ed implicita.

Ebbene, la suddetta ricerca è praticamente giunta alle seguenti conclusioni: “qualsiasi pubblicità presente all’interno di una pagina web impatta sostanzialmente allo stesso modo sulla memoria degli individui, indipendentemente dal fatto che quella stessa pubblicità sia cliccata oppure no”.

fonte: i-dome.com

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